Che qualcuno ci faccia la festa

 

 

Dunque di ciò che sentiamo ormai dovunque come il solito brusio di sottofondo cosa rimane? Cosa c’è?

Non parliamo a livello spirituale (lì siamo rimasti non si sa dove) ma anche solamente a livello materiale.

Per quanto ne so e vedo io in Italia vegeta appena quello che un tempo si chiamava lavoro (a parte quello schiavista, servile o indifferente), vicini alla defunzione anche servizi accettabili (ma all’assenza siamo vaccinati, sempre sino alla defunzione del soggetto che, si dice, sia nella natura), già cominciano a non esserci pensioni decenti ed in futuro non ce ne saranno proprio (questa è una realtà non previsionale ma matematica), non ci sono più nemmeno voci autentiche che mettano luce nella confusione e nevrotizzazione generalizzata, non parliamo poi di giustizia e solidarietà che sono solo nella retorica di chi tenti sempre di metterci una pezza con la visione di reti sociali o volontarie quasi del tutto impotenti (volontari lo stanno diventando i lavoratori o i disoccupati che tentano di occupare il tempo).

In compenso abbiamo caste o bande di ogni genere, giovani ancora più disorientati degli adulti e delle cosiddette famiglie (su cui tutti sordidamente contano) che forniscono modelli spesso imbarazzanti quando non criminali, ma anche un po’ di soldi e tetto per campare (a proposito, ma l’amore non doveva essere qualcosa di un po’ più ampio rispetto al ridondante richiamo al rifugio negli affetti più cari?); abbiamo una criminalità di cui neppure più si parla, baronati di ogni genere e ad ogni livello, istituzioni spesso tracotanti (e gli uomini in divisa, dal giudice al poliziotto al medico ai funzionari pubblici che non di rado tengono l’abito come uno scudo invece che come un servizio), un potere economico, sociale e culturale magmatico, indefinibile, forse fuori dal suo stesso controllo, che impone regole asfissianti con una predilezione per chi non appartenga a nessun clan e tenti un’altra folle strada.

Anche il linguaggio e le emozioni sono state quasi del tutto sterilizzate, banalizzate, tradite a tal punto da non fidarci più dei nostri stessi sentimenti. Questa forma di brutalità ci attraversa, un tentativo abortito di umanizzazione tecnologica dove non è infrequente che donne si riducano ad imitare gli uomini, uomini a patire le donne e bambini rimangano presi tra le maglie di mille attività, tempo da trascorrere e il lascito di una radicata insincerità di fondo dalle sembianze di attenzioni febbrili.

Cosa rimane? Cosa rimane ad una persona che debba difendersi per una sfiancante sopravvivenza e un dilagante terrore di non dimostrarsi all’altezza? Non ha tempo e forza per altro e forse neanche più le cerca sicuro com’è che il suo compito sia soltanto quello di reggere. Non saprebbe cosa e come fare altrimenti.

Il suggerimento comune è quello di essere o diventare dei balordi e magari anche grevi o finissimi ipocriti. Non abbiamo infatti quasi più l’opportunità di essere o diventare uomini. Poi ancora qualcuno si consola con una Costituzione mai nata o con la profezia del pieno sviluppo della personalità umana, con la bellezza dell’Italia e dell’italianità (un’antica Italia perché l’edilizia e le imperanti periferie degli ultimi decenni sono obbrobri di raro talento).

O forse l’unica cosa che ci rimane sarebbe proprio quella di attendere di ascoltare un uomo impossibile, con voce e sogni impossibili, dotato di una vita impossibile piuttosto che queste nostre automatiche possibilità. Un pazzo in pratica, meglio di un normale.

Se poi le cose sono sempre state un po’ così noi comunque viviamo adesso, né la mia vorrebbe essere la descrizione di un’Apocalisse o la più stucchevole lamentela, piuttosto una semplice e assai fallibile convivenza con i fatti.

Detto questo già mi domando, e immagino mi si domanderebbe, se ciò che vedo non sia lo specchio di come io mi veda e senta, e se quand’anche ciò di cui vado borbottando fosse del tutto soddisfatto non rimarrebbe che una noia sterile incapace di stimolare energia, desiderio, fantasia, questo senza tralasciare il fatto, assolutamente non secondario, che forse sia proprio il mio cuore un po’ indurito e che dovrei necessariamente cominciare a riallenarlo alla tenerezza. Risponderei di sì. Ma sarebbe poi proprio del tutto e solo così?

Proviamo invece ad immaginare che ci tornasse a trovare proprio un qualcuno di impossibile, magari uno che ci è anche abbastanza noto per tradizione (e che con ogni probabilità comincerebbe a vergare mazzate proprio a partire da più o meno celebri luoghi di culto), un uomo con quella voce e sogni impossibili, dotato di una vita e di una spada impossibili, minacciandoci di farci la festa: forse non saremmo costretti davvero a una festa? E gli auguri, giustamente, non rimarrebbero solo per quelli che a quell’uomo si inchinano soltanto con la testa?

Pubblicato da aiutobonariacomposizione

Dopo varie esperienze personali di reclami per le più varie esigenze di vita quotidiana in cui purtroppo tutti noi abbiamo modo di imbatterci: dai problemi di richiesta di verifica di bollette spesso discutibili, difficoltà nelle domiciliazioni bancarie e controversie varie rispetto a problematiche relative ad utenze, mancati o tardivi interventi tecnici per il ripristino di servizi interrotti, segnalazioni di situazioni di degrado ambientale oppure ricorsi alle Autorità Garanti o ai sistemi stragiudiziali di risoluzione delle controversie, ho nel tempo maturato la convinzione e l’esperienza che molti rinunciano alla tutela dei propri diritti o per mancanza di conoscenza o per mancanza di tempo, pazienza, capacità di seguire la burocrazia dei reclami. Eppure, qualora si sappia impostare nel modo giusto un reclamo, un ricorso o una segnalazione, peritandosi di individuare anche i corretti referenti ai quali far giungere la nostra comunicazione, molto spesso buona parte delle problematiche possono essere verificate e risolte senza rinunciare alla tutela dei propri diritti e senza affidarsi da subito all’assistenza di un legale che, oltre a dimostrarsi talora un decisione piuttosto costosa, è anche troppo spesso una strada lunga ed eccessiva per la risoluzione di alcune controversie più facilmente affrontabili con una giusta segnalazione della problematica o ricorrendo a canali di risoluzione spesso disponibili ai cittadini ma dei quali si ha scarsa conoscenza. Sia in prima persona che poi, successivamente, aiutando alcuni miei amici, mi sono reso conto che era possibile, in gran parte dei casi, affrontare problematiche di varia natura semplicemente impostando correttamente la richiesta o la segnalazione di cui necessitavano. Nel tempo molte persone, solo con il passaparola si sono rivolte a me perché “sfinite” da vari disguidi per i quali non riuscivano a trovare risposte, anche a loro, in base al tempo a mia disposizione, ho cercato di dare un aiuto. Più di uno mi ha consigliato di estendere questa mia esperienza alle moltissime persone che avrebbero potuto giovarsene, ed ho sempre risposto che lo avrei fatto se avessi potuto vivere di rendita, poiché impostare un reclamo o segnalazione nel modo corretto necessita di cura, concentrazione e tempo. Poi le continue richieste e la buona percentuale di risposte e di soluzioni, mi hanno convinto a comunicare questa possibilità. Per cui, per chi ne necessitasse, mi rendo disponibile a valutare le necessità di segnalazione, reclamo o ricorso a fronte di un rimborso spese, configurabile come un contributo libero per il tempo necessario alla predisposizione del reclamo (non essendo io né un avvocato né un’associazione di consumatori o altro ma un semplice cittadino). Ho voluto chiamare questa mia piattaforma web A.B.C., acronimo di “Aiuto per la Bonaria Composizione delle Controversie” perché credo che di questo semplicemente si tratti, un’ABC dei diritti che troppo spesso, purtroppo, anche per poca conoscenza o esperienza, paiono non esistere.