L’altro giorno ho visto Fausto Bertinotti. Non eravamo per strada o chissà dove ma dentro la clinica Quisisana ai Parioli, probabilmente la più lussuosa di Roma. L’immagine era anche piuttosto tenera, usciva da un esame verosimilmente ecografico e teneva in mano la cinta dei pantaloni che ancora doveva rinfilarsi. L’uomo è invecchiato, cauto come parlava all’infermiere che l’accompagnava, i passi lenti ed il sapore degli anni davvero evidente. Forse sono un populista e dovrei esimermi dal parlare di questa occasione tanto più che politico o meno si tratta pur sempre di una persona anziana e plausibilmente fragile, ma quanto ripenso al Bertinotti comunista tra i comunisti, Bertinotti il purissimo, così vivido di eleganza incendiaria, quel Bertinotti che per un’impuntatura fece cadere un governo. E se ripenso poi al Bertinotti Presidente della Camera allora mi dico che sia: forse il tempo s’incarica, nelle sfumature del vivere quotidiano, di svelarci quello che tanto ardore e tante parole hanno coperto. Forse quel comunismo era solo comunismo d’accatto, forse quella erre moscia era a suo agio più in Confindustria che altrove e d’altronde se lontano dagl’occhi ha scelto la rapida carezza di una clinica ai Parioli, per di più di proprietà del signor Ciarrapico, e non un becero ospedale di popolo o una clinichetta come tante, allora la delusione di un tempo e quella speranza possono finalmente riposare su quell’ecografia che l’ex presidente della Camera forse non avrà neppure pagato perché per le necessità delle istituzioni, seppur ex, forse anche per quelle, ci pensiamo noi.