Alcuni mesi fa abbiamo assistito all’arresto dei titolari dell’Impresa Funebre Taffo in realtà denominata: “TAFFO FUNERAL SERVICES” che rende un’idea certamente più dinamica e contemporanea, quella che da qualche tempo a questa parte promuoveva le sue attività con slogan del tipo: “Vi aiuteremo a farlo a pezzi… ” ad indicare il possibile pagamento a rate dei servizi funebri ed altri simili sempre di ben dubbio gusto.
I Taffo, a quanto affermano gli inquirenti, riuscivano a vincere appalti grazie alle compiacenze di dirigenti pubblici e non come nel recentissimo caso dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma.
Chiunque abbia avuto la sventura di assistere al decesso di un proprio caro in una struttura pubblica o privata, ricorderà certamente, in mezzo alla disperazione, la “pronta assistenza” del personale sanitario nel suggerire un’impresa funebre subito disponibile per le più urgenti necessità. E in quei momenti sappiamo come si sia talmente disconnessi dalla realtà che spesso non vi sia spazio per alcuna riflessione sulle indicazioni della struttura. E sappiamo pure che altrettanto spesso la stessa impresa gestirà tutto l’iter funebre fino alla sepoltura. Lo sappiamo e ricordiamo anche quell’aria un po’ sgradevole di esserne subito circondati. Poi la scelta dell’inumazione, della cremazione o del fornetto, primo, secondo, terzo o quarto piano secondo le tasche, la scelta della bara, dei pizzi, dell’auto, dei simboli religiosi, dei fiori… Insomma quel senso di amarezza dell’economia funebre che non risparmia neppure i momenti crudeli del distacco.
Ebbene credo che in una società civile il diritto ed il rispetto riservato alla vita morente dovrebbe equivalere a quello riservato alla vita nascente. Sono entrambe soglie di cui non possiamo sapere ma solo tenere assoluto rispetto e sottomissione.
Spesso abbiamo anche la percezione che la struttura abbia un accordo con l’impresa funebre non solo ovvio e naturale ma anche di diversa natura. Per lo meno io ho avuto a suo tempo questa percezione e mi auguro che si sia trattato solo di questa.
Una società civile non permetterebbe, a prescindere dalle possibilità finanziarie, che l’economia incidesse così invasivamente nel travaglio. Non permetterebbe che si dovesse scegliere tra primo o quinto piano di un fornetto secondo le disponibilità, nemmeno permetterebbe l’edilizia funebre nei cimiteri che spesso rendono i luoghi di riposo dei defunti stanzoni maleodoranti e bui che ancor più umiliano deceduti e congiunti (anche se poi, a pagamento, c’è sempre la possibilità di accendere un lumino elettrico sulla lapide!).
Una società civile e civica farebbe in modo che vi sia lo stesso posto per ognuno, magari solo a terra (la cosa più naturale e degna per me), con i costi a carico della collettività, oppure con soglie decorosamente basse oltre le quali nessuna impresa funebre potrebbe andare. Tutti dovrebbero potersi permettere una sepoltura degna al pari degli altri, denaro o non denaro. Poi, chi vorrà costruirsi una cappella, liberissimo di farlo, ma almeno per gli altri che sia la comunità a dettare delle regole etiche, morali, inderogabili.
Io sono ancora abbastanza giovane ma quando morirò vorrò essere assistito dal Comune di Roma (non importa che abbia i mezzi per fare diversamente), al minimo costo, ed il più possibile e semplicemente nella nuda terra. È questo l’abbraccio che desidero, che sia la comunità, in cui troppo spesso non credo e non ho creduto, ad assistere il mio corpo. Almeno alla fine, questo abbraccio, dovrebbe essere per tutti.
Più delle parole finisco questo mio breve scritto con le immagini di alcuni slogan della Taffo, e il discorso vale in genere per tutta l’economia funebre, gestita quasi sempre da Commendatori o Cavalieri del Lavoro (chi stabilisce tali titoli, in base a cosa, vi è un costo anche per questi?), affiancate a quelle istituzionali.
Tale stridore non fa più neppure arrossire?