Pietro Cimatti, in quanti di noi questo nome evoca qualcosa ma non si recepisce bene cosa. Lo stesso è stato per me alcuni giorni fa quando mi è stato proposto un breve intervento durante la presentazione del suo ultimo volume di poesie postume “Sagittario in amore”.
Non ho conosciuto Cimatti, d’altronde scomparso prematuramente nel 1991, né personalmente né letterariamente, eppure, quando mi viene rivolto un invito sono subito portato ad approfondire se il mio possa rappresentare un contributo utile e una testimonianza onesta. In questo caso certamente, a contatto con un autore sconosciuto, dovevo verificare se accadesse quella particolare risonanza con i testi, e talora con la vita, di un uomo che mi veniva incontro in modo impreveduto ed imprevedibile.
L’invito era stato dei più aperti e gentili, le persone che me ne parlavano parevano pervase da una particolare grazia, candore e passione al solo nominarlo, ed io, nei giorni a disposizione, mi sono prodigato in vari modi per cercare di capire cosa potesse significare quella circostanza e quell’occasione.
Ho ascoltato la sua voce gentile registrata durante una sua rubrica radiofonica, e poi seguito la strada delle sue moltissime passioni, lavori, soste ed inseguimenti.
Luci nelle sue parole mi confermavano quanto ad un uomo inclassificabile ed ancora inclassificato fosse nitido quello che da sempre mi sussurravano le sensazioni migliori che deponevo sui fogli. Ovvero che venissero da sé, a loro piacere, cura, tempo, modi, e che io non fossi che un semplice trascrittore scelto per una volontà sempre meno mia. La sola mia scelta poteva essere quella di vivere o languire, arrischiarmi o rannicchiarmi anche nelle tempeste spesso così spaventose delle navigazioni. Ebbene quest’uomo me ne parlava con una serenità di poeta malato, furente, poi aggraziato, liberato.
Ho parlato con una sua allieva che da sempre gli è ancora accanto, con uno dei figli che aveva voluto sentirmi telefonicamente e subito mi sono deciso a rendere quest’ardua testimonianza di chi non può esserne che un testimone un po’ tradito dalle sole parole.
Un uomo controverso e coraggioso, che veniva dalla nera miseria, e non aveva voluto seguire alcuna scia pur promettente e ammaliante di facilità per seguire quella che naturalmente andava sciogliendoglisi davanti e che lo aveva portato ad un germogliare di vite tra malinconia profonda, solitudine estrema, e poi veemenza, dolcezza, rifiuto di sé e di chi lo circondasse. Cimatti ha vissuto ed invitato a vivere vigorosamente la vita sino allo spasimo, gioiosamente o dolorosamente che fosse, così ha investito coloro che lo hanno conosciuto ed ancora lo serbano come un amico assoluto ed invisibile.
Che poi sia sfilato via dalla memoria di molti così velocemente è cosa che non mi sorprende. Pietro Cimatti era un personaggio poco comodo, poco agevole, poco digeribile nella sua strada tanto controversa e traditrice di ogni codice ed identità, ma giace ancora lì, non potrebbe essere altrimenti, vivo, con tutta la voracità e la pace della sua presenza.
Quella presenza che era negli occhi di ognuno ieri sera, durante la presentazione del suo ultimo volume, un’atmosfera sorprendente, confidenziale tra persone sconosciute, simile a quella di un circolo di persone che si ritrovavano dopo tempo. Le mani di Pietro Cimatti erano lì ad annodarci tra noi, come può la poesia alta, semplice, vera. Accessibile nella sua complessità accomunava i nostri silenzi tra le parole, i nostri intervalli stupiti tra le poche spiegazioni da dare.
Ebbene l’ho conosciuto così, forse come sarebbe piaciuto a lui, come uno sconosciuto che l’abbia incontrato per caso e nella prima sera di primavera ne abbia parlato con la sua sola voce chiara, così, dal suo ignoto abissale alla leggerezza di chi, senza peso, ci danzava attorno, teneramente vegliandoci.
La poesia è veramente nulla, e tutto. Non abbandoniamola, abbandoneremmo noi stessi.
Video del 21 Marzo 2016:
https://www.youtube.com/watch?v=MjfeW-4JgF4
Grazie.
Grazie a te e a Pietro Cimatti ho conosciuto un nuovo modo di scrivere poesie. Molto suggestive sopratutto quella che descrive l’attimo. Traspare nelle sue opere il suo stato d’animo perennemente irrequieto alla ricerca di significati.