Non sono un esperto di calcio ma uno che sente che si viva veramente solo di sogni ed emozioni. Per questo scrivo. Perché non recedo dalla volontà di sognare in nessun campo, neppure in quello da gioco del pallone, che per me non è mai stata una priorità, ma nelle emozioni le priorità vagano, vengono e vanno, un po’ come tutto ciò che si immagina.
Sono forse anche un idealista, ingenuo e strampalato, uno che ad esempio nel calcio abolirebbe il fuorigioco (che significa fuorigioco, assenza di gioco forse..), che espellerebbe subito un giocatore che faccia anche una minima sceneggiata per fingere un fallo, o che si metta a litigare in campo come un bulletto o come un bulletto si metta ad insultare un arbitro, a torto o a ragione. Sembra follia forse, ma sono queste piccole grandi cose che possono rendere un gioco cattivo e cattivo anche un tifoso, talvolta anche uno sportivo. Sono uno che farebbe giocare solo 20 giocatori in campo, che vorrebbe ampliare gli spazi da gioco senza quel contingentamento di uomini che corrono sbattendosi gli uni con gli altri. Sapete, in spazi stretti si respira poco e i talenti hanno bisogno di respiro, forse è anche per questo che oggi ne respirano sempre meno, quasi più nessuno.
Probabilmente già vi sarete convinti che sono un visionario perditempo che non vale il tempo di continuare a leggere però, però, un’ultima cosa vorrei dirla. Ho 38 anni e molti anni addietro feci una promessa che sembrava impossibile, che non sarei tornato a vedere la mia squadra finché non avessi rivisto sulla sua panchina Zdenek Zeman.
Certo una promessa che sembrava impossibile e d’altronde io avevo rinunciato per anni a seguirla. Seguo uno sport per emozione oltre che trionfi e con le emozioni si vince sempre, autenticamente. Per questo ho sempre seguito Zdenek Zeman. Perché aveva avuto il coraggio di dire la verità e pagarne le conseguenze in tempi in cui tutto era contro di lui, perché ha sempre avuto l’ambizione di credere che solo uomini ed atleti che giochino bene possano ottenere risultati, ad ogni livello, perché spesso anche solo alcune decine di minuti di vero gioco bastavano a compensare altri di sbandamento e di sconfitte. Ma Zeman è così, accetta di educare ed allenare seguendo fedelmente un sentimento, anche, se necessario, rinunciando al denaro. E sarebbe disposto a scomparire pur di non retrocedere da ciò che è. E siccome ciò che è a me è sempre sembrato giusto l’ho seguito e lo seguirò.
Come dicevo la mia promessa pareva straordinariamente ostica eppure un giorno, con mio immenso stupore, ho visto il coraggio di una squadra che non pensavo mai di poter rivedere. Richiamarlo sulla sua panchina. Ne fui stupefatto, nulla lasciava presupporre che qualcosa andasse controvento rispetto al clima imperante, eppure accadde. Poi fu esonerato, e il clima tornò quello di sempre.
Certo chiedere Zeman significa chiedersi molto poiché è uomo che pretende molto, tutto forse, da sé e dagli altri. Zeman è un impegno di libertà, coraggio molto più che un tecnico o un allenatore.
Zeman può scegliere di sostituire un campione con un giocatore medio se il campione non riesce a comportarsi come tale, e così può anche rischiare di perdere partite pur sé ancora oggi, dopo anni, proprio non si può dire che abbia perduto la sua impresa, perché di allenatori italiani anche blasonati che abbiano vinto titoli o allenato club internazionali ne abbiamo visti, ma il loro nome non risveglia mai quella passione, quell’unicità (anche critica talvolta) negli occhi degli sportivi. E sono i sentimenti che scaturiscono da un’idea che fanno la differenza e non cedono alle mode o al tempo.
Chiedere Zeman è assumersi l’onere dell’amore per lo sport prima di ogni altro obiettivo, significa manifestargli una incondizionata fiducia e pazienza che lui, nel tempo, non mancherà di ripagare come ha sempre fatto.
Zeman è uomo a cui bisognerebbe affidare non solo una panchina ma una direzione ampia delle scelte etiche e tecniche di una società di calcio, è uomo che può trasformare giocatori ma ha bisogno che gli stessi giocatori, campioni o presunti tali che siano, siano disposti ad accettare le sue anche molto dure condizioni.
Tutto quello che dico non lo so per esperienza ma per intuizione, e se si ha fiducia in lui anche il giocatore più grande di una squadra arriverà a dire di dovergli tutto come è avvenuto, mentre magari qualcuno molto più piccolo non accetterà di sottoporsi alla sua “disciplina umana”.
Solo società robuste e sportivamente intransigenti con i propri calciatori (che spesso anche senza responsabilità personali si trovano a non saper gestire l’esser catapultati in un mondo di denaro e gloria) potranno ottenere risultati anche con atleti medi, ed in Italia, lo sappiamo per esperienza, ve ne è una sola in grado di farlo da decenni (pur con tutte le critiche che le si possano muovere ad altri e molti livelli). Una che non fa sentire alcun giocatore indispensabile, che lo rende consapevole essere un onore giocare per lei, che può anche cederlo senza problemi se questo non dimostri di recepire cosa significhi essere un atleta. Una società che non tema alcuna furia, sempre temporanea, seppur veemente, della tifoseria, perché sa che la sua azione e le sue fondamenta porteranno ancora nuovi risultati.
Zeman è questo, prendere o lasciare, è gioco, sport, tempo, pazienza, reciproca stima e dedizione. Non ve ne sono altri in giro da anni ed anni, né so quando ve ne saranno altri.
Una squadra qualche tempo fa ha avuto il coraggio e l’umiltà di richiamarlo dopo pochi mesi dall’esonero, poi lo ha nuovamente sollevato dall’incarico e forse chissà un giorno lo richiamerà ancora, anche questo è Zeman e lascia almeno sperare che finché ci sarà una persona così in giro forse varrà anche la pena di continuare a dare fiducia allo sport.